Il tempo che non c’è più

di | 13 Gennaio 2025
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TempoIl tempo rappresenta sempre un tema su cui ogni riflessione porta inevitabilmente a qualcosa di personale e intimo. Ognuno ne ha una sua rappresentazione e spesso ne deriva un conflitto. Sembra non basti mai, sembra scorrere oltre il nostro volere, spesso diventa più importante quello perduto di quello che resta. Ci si condanna da soli all’infelicità per ciò che non è stato invece di rendersi conto che tutto ancora può essere. Il ricordo è indispensabile, si parte sempre dalla propria memoria, dal passato, ma per andare avanti, per proseguire senza riportare dolori e blocchi anche nel futuro. 

A questo serve la psicoterapia, un lavoro, spesso intenso, di ricostruzione di sé, della propria storia. Non si può proseguire su una strada se restano voragini che rischiano di far sprofondare tutto in qualsiasi momento. Eppure è sempre più frequente incontrare persone che restano ai margini della propria vita, che arrancano per non sostenere il peso della loro memoria. È doloroso prendere coscienza di ciò che non si può più cambiare, ma è l’unico processo che può portare a una reale consapevolezza di sé, di ciò che si può realizzare. 

Le ferite interiori meritano di essere guarite per riuscire a tornare a vivere. Nessuno si azzarderebbe a uscire da un ospedale con una ferita aperta, senza assicurarsi che sia suturata, che non perda più sangue. Per tutte le altre ferite che non si vedono non si ha la stessa cura. In questo modo continua a disperdersi una lenta e costante emorragia emotiva che allontana dalla propria vitalità. Ci si occupa di altro per non pensarci, fino a ritrovarsi a (non) vivere una vita in cui non ci si riconosce. Per questo poi si torna a recriminare sul tempo, su ciò che non ci ha concesso, per non ammettere che gli artefici delle nostre scelte siamo sempre e solo noi e sul presente, e a maggior ragione sul futuro, possiamo ancora intervenire! 

“Il nemico principale dei pazienti di mamma è proprio il tempo. Un passato che non si accetta, un presente che non si vive o un futuro che fa paura. Io fino ad oggi ho pensato che non sia poi così complicato da gestire, ma adesso mi inizio a chiedere quanti e quali ostacoli potrei incontrare. Qui non ci sono grosse variazioni, il tempo scorre e non me ne preoccupo. Fuori invece diventa un assillo: è presto, è tardi, sbrigati, non c’è più tempo, sta per scadere, che ore sono, quanto ci vuole? Tutto è dettato da un orario che non sembra mai bastare. Le giornate hanno una durata, ci sono la notte e il giorno che si inseguono incessanti. Per me non c’è distinzione, c’è un unico tempo scandito dai battiti del suo cuore. Seguo solo quello e non mi stanca, non mi preoccupa, non mi agita. Riesce invece a rilassarmi, a tranquillizzarmi, mi ripete che va tutto bene. Dopo le ultime storie che ho sentito è fondamentale per me, tu tum tu tum e mi sveglio, tu tum tu tum e mi culla, tu tum tu tum e riesco a dormire. Riuscirò a sentirlo dopo che sarò nato? Chi mi guiderà? Non vorrei perdermi, ma neanche rincorrere minuti e ore fino a non ricordarmi neanche dove sto andando. Poi mi ritrovo anche io nel “Paese delle meraviglie” a seguir un coniglio più ritardatario di me. Per ora so semplicemente aspettare, non ho fretta, non è che sia particolarmente bravo, è che ancora non so come si faccia qualsiasi altra cosa. Anche volendo non potrei, non c’è molto spazio qui…”

Così ho capito 

 

 

 

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