L’anima delle favole

di | 27 Marzo 2018
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Favole

In questa favola, estratta da Donna a metà, sono rappresentate alcune delle emozioni che emergono durante un percorso di terapia. Possiamo anche dire che l’evoluzione della vita della protagonista del libro, Beatrice, prende forma dalla stesura di questa favola, in cui sono racchiusi i suoi blocchi, le sue paure, la rabbia, tutto ciò che ha tenuto nascosto fino a quel momento. Averne consapevolezza aiuta a uscire dalla chiusura in cui ci si pone quando non si vuole affrontare ciò che fa male, ciò che preferiremmo non ci fosse nella nostra vita. Continuare a ignorarlo spesso non fa altro che alimentare le paure, che continuano a essere presenti e a interferire con i veri obiettivi che si vorrebbero raggiungere.

Il suono dell’amore

C’era una volta

in un paese lontano una bambina che aveva una voce talmente bella e soave che quando cantava riusciva a donare un sorriso a chi le stava vicino. Per lei era naturale, era sempre così felice e serena che cantava ovunque e in qualsiasi momento. Era conosciuta in tutto il paese e a volte venivano da lontano per poterla ascoltare e per poter avere un piccolo sollievo da quelli che potevano essere piccoli o grandi problemi. Aveva un sorriso così contagioso che bastava guardarla e quando iniziava a cantare intorno a lei ogni cosa diventava perfetta, non esisteva cattiveria, paura o invidia.

La sua popolarità arrivò sempre più lontano finché non raggiunse anche la strega del vuoto; lei odiava tutti i suoni, intorno a lei tutto era arido e spento, la vita non poteva essere espressa in nessun modo, non c’era gioia e non c’era dolore, tutto era uguale a tutto. Non poteva sopportare di sapere che ci fosse qualcuno che gioiva e dava gioia nel canto e che rendesse la vita più bella con un sorriso. La trovò senza alcuno sforzo, i predatori trovano con molta facilità le loro prede e ponendole una mano sulla bocca la bloccò in una smorfia orribile che non le permetteva più di cantare né di sorridere. Continuò a permetterle di vivere, anche se da quel momento non fu facile perché la reazione che provocava negli altri era di paura e le emozioni che iniziava a vedere intorno a lei le erano talmente sconosciute che dovette rinchiudersi da sola in casa per sfuggirne. Quello che iniziava a sentire dentro di sé le era sconosciuto, perché le era stato fatto del male, perché l’avevano privata della gioia di vivere?

Più si faceva domande più non trovava risposte e cresceva dentro di lei un sentimento nuovo, la rabbia. La smorfia sul suo viso diventava sempre più brutta e la paura aumentava. Passò giorni interi a piangere, rivoleva la sua vita ed era così arrabbiata che avrebbe urlato per ore, ma la voce non le usciva, non sapeva come altro esprimersi e iniziò a prendersela con tutto ciò che aveva intorno, non c’era più niente che le piaceva vedere e fare. Così passò la sua vitalità e così passarono gli anni.

Una mattina entrò prepotentemente dalla finestra un raggio di sole che andò a illuminare un disegno pieno di colori, dove lei era al centro sorridente, ancora bambina, intorno tanti fiori e dietro un arcobaleno. Viveva lì al buio da troppo ormai perché doveva privarsi anche dei colori? Voleva uscire, voleva usare tutto ciò che le era rimasto! I capelli le erano cresciuti e li usò per coprirsi parte del volto e uscì presto per non farsi vedere da nessuno. Trovò la natura e la primavera ad aspettarla, profumi e colori che quasi non ricordava, come poteva aver smesso di vederli in quei giorni tristi eppure non avevano perso il loro splendore. Ne respirò finché ne fu sazia, osservò tutto fino a non poter contenere altre immagini nella mente e ne fu contenta. Non poteva sorridere, ma riusciva ancora a provare felicità. Continuò a uscire tutte le mattine e lentamente si sentì meglio, ma aveva ancora paura a farsi vedere dagli altri, temeva lo sguardo di chi le stava di fronte.

Una mattina però non riuscì a evitare uno sconosciuto che camminava dalla sua parte e che quando le fu vicino la salutò, lei non poteva rispondere e non sapeva come poterlo spiegare, gli porse un fiore e scappò via. Lui continuava a chiamarla, che bello il suono di una voce, ma lei continuava a scappare.

Aveva cercato il modo di esprimere la propria rabbia per anni, adesso non le interessava più, voleva poter salutare quello sconosciuto così gentile, voleva guardarlo come poteva ancora guardare i colori e voleva esprimere la gioia di far parte di tutto ciò. Non aveva più paura, quella era la sua vita e avrebbe continuato a viverla come poteva.

Il giorno dopo lui era allo stesso posto ad aspettarla, lei si avvicinò e alzò lo sguardo, per un attimo sentì ancora la voglia di scappare perché lui era bellissimo e l’avrebbe trovata orribile con quella smorfia sul viso, ma lui la salutò e le mostrò il fiore che aveva ancora con sé. Sembrava quasi tutto perfetto come un tempo e istintivamente si toccò il viso sperando che quell’incantesimo fosse sparito, ma non era cambiato niente. Lui però era di fronte a lei e le sorrideva, non la trovava brutta, né aveva paura, si era alimentata per anni delle sue stesse insicurezze. Era cresciuta, forse per questo il mondo non era perfetto come prima, ma la sua bellezza era intatta così come i sentimenti in fondo al suo cuore. Riuscì a modo suo a ricambiare il sorriso, lui non parlò più, le rimase accanto e camminarono tra colori e profumi. Lentamente lei trovò il modo di esprimersi e l’incantesimo svanì perché non c’era più il vuoto ad alimentarlo.

Vissero tra colori, profumi, sorrisi e amore, fatto di bellezza e parole per esprimerla!                                                                                         

FINE

 

 

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