Anestesia emotiva

di | 27 Settembre 2017
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Anestesia emotivaAnestesia emotiva, reazione o evitamento? 

Come si può reagire davanti ad un pericolo o una situazione emotivamente dolorosa? Le soluzioni possono variare a seconda dell’entità dello stimolo, ma a volte gli effetti possono anche protrarsi nel tempo.

Rifugiarsi in se stessi o creare una distanza emotiva dallo spazio circostante e da ciò che accade intorno può essere una difesa, spesso necessaria per superare situazioni difficili o traumatiche. In natura gli animali, in casi estremi e senza altre vie d’uscita, si fingono morti per tentar di sopravvivere al loro predatore. In questa prospettiva la reazione è funzionale alla propria difesa, al superamento di momenti angoscianti o di pericolo. Il corpo reagisce attuando una serie di variazioni fisiologiche atte all’evitamento o al contrasto del dolore.

Quando diventa un problema 

Molto spesso però, quella che può essere una soluzione in determinati momenti, se protratta nel tempo rischia di diventare un problema. Pur di non dover affrontare stati emotivi dolorosi che potrebbero rievocare situazioni del passato non risolte, si preferisce rimanere distanti dagli altri, in uno stato di intorpidimento emotivo. Le relazioni ne subiscono gli effetti, restano superficiali, sfuggenti, limitate a bisogni temporanei dove molto spesso non si possono prendere in considerazione quelli altrui. In questo modo si spera di evitare la sofferenza futura, ma in realtà si consente ad un dolore passato di mantenersi attivo a lungo, senza attingere alle proprie risorse per superarlo. Inoltre si impoverisce e inaridisce progressivamente la propria vita sociale e affettiva. Si attiva un circuito che continua a tendere verso il basso, lo scarso investimento emotivo nelle relazioni porta probabilmente a nuovi fallimenti affettivi che non fanno che confermare la già esigua fiducia verso gli altri e la mancanza di stima verso se stessi. 

Effetti dell’anestesia emotiva

Quando si fa fatica ad ascoltare le proprie emozioni ci si allontana inevitabilmente dalla parte più vitale di sé, anche ciò che prima faceva star bene o piaceva assume una distanza e appare senza interesse. Spesso poi gli eventi sono così distanti tra loro che si fa fatica a rendersi conto di come avvenimenti passati possano avere un’influenza su atteggiamenti attuali, per cui non si riescono a spiegare reazioni non proporzionate alle situazioni in cui ci si trova.

Più si rimanda un’attenzione su se stessi, su cosa si prova e come ci si comporta difronte a certi eventi, più diventa incomprensibile l’andamento della propria vita. Ci si può adattare, si possono trovare soluzioni pratiche e semplici, ma probabilmente poco personali, difficilmente riconoscibili con ciò che si avverte ad un livello più profondo.

Nonostante le emozioni facciano parte di noi sin dalla nascita se ne può perdere il contatto, da alleate diventano nemiche o estranee. Per questo si mantiene un apparente distaccamento, non ci si riesce a fidare di ciò che si prova e con il passare del tempo si perde la naturalezza innata, passando per una gestione più razionale. Sembrerebbe funzionare bene fino a quando non ci si riconosce più e fino a quando non si iniziano a vederne gli effetti nelle relazioni, le prime a risentire di un’aridità e di un ritiro emotivo.

Come uscire dall’anestesia emotiva

Imparare ad ascoltare se stessi, il proprio corpo e le emozioni risulta indispensabile per potersi esprimere e poter tornare a rievocare anche i ricordi più dolorosi. Ciò che fa paura e si vorrebbe evitare può risultare un arricchimento, un modo per avere una maggiore percezione di sé e per poter instaurare rapporti interpersonali più profondi e significativi, attivando un nuovo circuito positivo. Le esperienze non devono essere viste come ipotetici pericoli, ma come possibilità per continuare a imparare, a crescere e a conoscersi. Le paure non possono essere eliminate mai del tutto, ma bisogna pensare di poterle affrontare, anche valutando la possibilità di chiedere aiuto, perché riconoscere di non poter fare tutto da soli è altrettanto necessario. In questo modo si ridimensionano le emozioni che altrimenti rischiano di schiacciare la propria personalità sotto il peso della loro espressione.

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