“Presunzione d’amore”

di | 10 Settembre 2014
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dipendenza affettiva“Tracotanza”, “eccesso”, “superbia”, “orgoglio” o “prevaricazione”, termini che oggi applicherei non solo ad alcune disfunzioni, ma anche ad una serie di atteggiamenti e comportamenti  sempre più frequenti o particolarmente amplificati dai vari mezzi di comunicazione. Nell’antica Grecia si usava il termine Hybris, connotava gli esseri umani che volevano superare i propri limiti, sfidando gli dei, ripreso successivamente dalla psichiatra milanese Selvini Palazzoli, potremmo vederlo applicato allo stesso modo in alcune situazioni di dipendenza affettiva  dove “gli innamorati” pretendono di superare ogni limite, compreso il volere dell’altro, esigendo di essere amati, o ancor di più, di essere amati come vorrebbero,  da chi non è disposto a farlo.

La presunzione di essere amati è uno degli aspetti della dipendenza affettiva che segnala inoltre una componente narcisistica.

La dipendenza affettiva rientra nelle New Addictions ( Nuove Dipendenze),  che comprendono tutte quelle forme di dipendenza in cui non è implicato l’intervento di alcuna sostanza chimica (droga, alcol, farmaci, ecc.), ma l’oggetto della dipendenza è rappresentato da comportamenti o attività che sono parte integrante della vita quotidiana. Tali comportamenti in alcuni individui possono assumere caratteristiche patologiche, fino a invalidare l’esistenza del soggetto stesso e il suo sistema di relazioni, provocando quindi gravissime conseguenze (oltre alla dipendenza affettiva, tra le New Addictions possiamo annoverare: la dipendenza dal gioco d’azzardo, da Internet, dallo shopping, dal lavoro, dal sesso e dal cibo).

La dipendenza affettiva è una condizione relazionale negativa caratterizzata da un’assenza cronica di reciprocità nella vita affettiva e nelle sue manifestazioni all’interno della coppia, che tende a stressare e a creare malessere psicologico o fisico. Quando un rapporto affettivo diventa un legame limitativo o, ancora peggio, una vera ossessione in cui si crea uno squilibrio tra il dare e il ricevere, l’amore può trasformarsi in un’abitudine a soffrire fino a divenire una vera e propria “dipendenza affettiva”, un disagio psicologico che è in grado di interferire con ogni aspetto della vita di un individuo, come un costante dolore, alimentando spesso altre gravi problematiche psicologiche, fisiche e relazionali.

Sembra difficile abituarsi a soffrire, ma è molto più frequente e comune di quanto si pensi, non solo in ambito psicologico. Ci si “auto mutila” per paura di guardare avanti, per paura di ciò che non si conosce, diventa più facile rimanere nel dolore, muovendosi (più che altro restando immobili) in ciò che si conosce.

Nelle dipendenze affettive la paura di cambiare è una delle caratteristiche: pur di evitare qualsiasi cambiamento ci si limita nello sviluppo delle proprie capacità, senza riconoscersi necessità e interessi. Annullare i propri bisogni è un’altra caratteristica dei dipendenti affettivi, che si annullano in quelli dell’altro. Ogni energia e ogni attenzione è rivolta verso l’altro, ci si impegna esclusivamente nell’amare o nel ricevere amore e approvazione o a risolvere i problemi del partner, trascurando se stessi e ritenendosi poco meritevoli. Si delinea così un terzo aspetto fondamentale dei dipendenti affettivi: un atteggiamento negativo verso il Sé, per cui si convincono di non essere mai adeguati e per essere amati devono sempre essere diligenti, amabili, sacrificarsi per l’altro per poter ricevere il suo amore.

Abituarsi a tutto questo crea e comporta un dolore eccessivo da cui si può e si deve uscire, ma come sempre il primo passo è riconoscerlo e successivamente chiedere aiuto, assumendosi una nuova responsabilità nel cambiamento.

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